Divieto di accesso alla posta del dipendente
- segreteria2659
- 9 set
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Con la Sentenza 24204 del 29 agosto 2025, la Corte di Cassazione ha affermato che l'accesso del datore di lavoro alle mail dei lavoratori è vietato, anche se le stesse sono rinvenute nel server o sui pc aziendali e anche se il controllo avviene per finalità difensive.

La Suprema Corte ha confermato che la posta elettronica proveniente da account protetti da password rappresenta un'espressione della vita privata e dei diritti di corrispondenza e, in quanto tale, rientra nelle tutele di cui all’articolo 8 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).
Pertanto, l’accesso alle mail private da parte del datore di lavoro non è ammesso in modo automatico, neppure se i messaggi si trovano o transitano su server aziendali o su terminali forniti dall’impresa.
La Corte ha ritenuto, dunque, che le esigenze organizzative e produttive del datore di lavoro, pur legittime, non possano comprimere un diritto fondamentale del lavoratore: quello alla tutela della propria sfera privata e alla segretezza delle comunicazioni.
Il datore di lavoro potrà accedere alla corrispondenza del dipendente solo limitatamente a casi specifici di concreti sospetti di illecito e, comunque, redigendo apposito registro documentale degli eventuali accessi e delle motivazioni che li hanno originati.
Inoltre, i lavoratori sono tenuti a ricevere informative preventive sulle modalità di monitoraggio.
Stando alla pronuncia della Corte di Cassazione, quindi, in caso di sospetto illecito da parte di un dipendente per cui si rendano necessari controlli sulla corrispondenza dello stesso, le eventuali prove raccolte dal datore di lavoro risulterebbero inutilizzabili in mancanza di:
informative preventive
finalità legittima dell'accesso
proporzionalità del controllo rispetto al sospetto di illecito.
Per i lavoratori, la sentenza costituisce una garanzia rafforzata dell'inviolabilità della corrispondenza elettronica, che non può essere compressa neppure dall’interesse organizzativo del datore di lavoro, ribadendo l'invalicabilità del limite costituito dal diritto alla riservatezza e alla segretezza.

Ricordiamo che, nonostante la tutela ribadita dalla Suprema Corte, per evitare l'insorgere di qualsivoglia problema o promiscuità, i lavoratori sono tenuti a mantenere password, corrispondenza e strumenti personali nettamente distinti e separati dagli usi aziendali, salvo i casi di espressa e dichiarata diversa previsione.



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